Premio Carmine Rodomonti

La Sezione arbitri di Teramo nel marzo 2003, innaugura la nuova sede intitolata a Carmine & Archimede Rodomonti.

In questa occasione vengono istituiti i “Premi Carmine Rodomonti e Archimede Rodomonti” che vogliono riconoscere ripettivamente il Dirigente e l’Arbitro maggiormente distintisi nelle passate stagioni sportive.Un “Distintosi” che si lega fortemente alle qualità umane dei premiati, e che vuole esaltare quelle doti di altruismo e di energica dedizione all’associazione che così fortemente hanno caratterizzato i Fratelli Rodomonti.

Ricordare quel giorno è immergersi in uno stato emotivo forte: una commemorazione che pensiamo sia stato un grande dono ai nostri grandi colleghi. Una giornata che abbiamo vissuto in uno stato di grande tensione emotiva, di commozioneper la vividezza delle immagini che hanno preso forma nelle parole di chi ha ricordato Carmine & Archimede Rodomonti.

 

Chi è Carmine Rodomonti:

 

Davvero si può dire che la sua sia stata una vita interamente dedicata al calcio; da giovane atleta ad arbitro di livello nazionale a direttore sportivo. Di sicuro senza di lui e qualche altro amico il movimento calcistico non sarebbe quello che è nella nostra provincia, anzi nella nostra Regione. Soltanto che Carmine pur condividendo con gli altri la sconfinata passione, era diverso da loro. Era diverso da tutti. Forse è proprio vero che in un secolo come il nostro si può avverare il paradosso di un simile ingegno che si consacra ad un simile giuoco. Quando si parla di una persona scomparsa è d’uso abusare, appunto, di parole. Ma se il ricordo si approfondisce, anche in un mondo ormai senza ritegno come il nostro, si coglie il segno indelebile che questa persona ci ha lasciato.

Così sono proprio i valori morali a dare la misura di vita ed opere di Carmine, divise fra l’affetto dei suoi cari e il calcio.
Memorabili i particolari di alcuni suoi discorsi dentro e attorno al calcio, agli arbitri, lui che si divideva fra il suo ultimo ruolo di dirigente di società e la sua anima ancora profondamente “arbitro”. Cominciamo dai suoi toni di voce. Garbatissimi ma fermi. Bianco al bianco, nero al nero. Quando bleffava, sottolineava la rara licenza con un sorriso. Come dire “sapete bene che scherzo”. Battute semplici ma ricche di significato come: “Piccolè, è proprio debole la nostra memoria?” o “Piccolè, se muore la moglie di Gaspari è pieno di gente al funerale, se muore lui non c’è nessuno” servono a far capire la precisione e i valori di un uomo nato in una famiglia numerosa, che ha provato sulla propria pelle le condizioni di vita post belliche e che, molto giovane, si è trovato a dover dividere le sue energie fra la sua profonda passione per il calcio e la nuda realtà del quotidiano.
Carmine si divertiva a risolvere i problemi senza darsi l’aria di compiere miracoli e, se assicurava spesso al calcio teramano condizioni di vantaggio, lo faceva con tale abilità e discrezione da suscitare il consenso unanime, talvolta l’ammirazione dei colleghi dirigenti, giacchè i suoi interventi non contrastavano mai le leggi dello sport e del fair play. Ce ne siamo accorti quando Carmine è venuto meno. Alcuni storiografi dicono che ogni personalità va inquadrata nel momento storico in cui opera: credo che operare nell’attuale contesto calcistico, sarebbe stato per Carmine molto difficile, perchè sono venuti meno i fondamenti del suo credo, ma sono altresì convinto che, a costo di dare continue testate contro il muro, avrebbe cercato di continuare a far vivere quei valori che lo avevano sempre animato. Di lui ci resta veramente tanto, alla moglie Lucia ed ai figli Diamante, Marco, Paola e al nostro Carlo un esempio di marito e di padre sicuramente fuori dagli schemi, ma proprio per questo intriso di sentimenti di affetto che sicuramente ha provato interiormente più di quanto ha manifestato fuori del suo animo; di sicuro ad essi rimane l’orgoglio di essere stati la cosa a lui più cara.
A noi giovani sportivi un monito di lealtà e di rettitudine, da incamerare e trasmettere dentro e fuori dal rettangolo di giuoco.

 

Chi è Archimede Rodomonti:

 

Genio e talent scout.
Nullum magnum ingenium sine mixtura dementiae fuit (non esiste grande ingegno senza un po’ di pazzia): scusate se abbiamo scomodato Seneca, ma per questo personaggio ne vale sicuramente la pena.
Una citazione che ben riassume Archimede Rodomonti, che rappresenta uno di quei rarissimi casi di perfetta coincidenza del nome con colui che lo porta. “Archimede”: ovvero invenzione, creatività, coraggio delle proprie idee e “Rodomonte”: ovvero il personaggio de “l’Orlando Furioso” che si contraddistingueva per il suo essere “spaccone”.
Arbitro di grande valore, arrivato alle soglie della serie C, ha interpretato da allora la carriera di dirigente, anche se in questo caso la parola “carriera” di certo non è adeguata, visto che in questi vent’anni non ha mai proiettato il suo impegno in termini di interesse personale, ma esclusivamente in funzione dei suoi “pro..pro…professò”, i suoi arbitri, ai quali ha dedicato, in un complesso rapporto di amore e odio, tutta la sua grinta, la sua passione e soprattutto le sue elevate capacità tecniche.
La vera qualità di Archimede è sempre stata la capacità di unire il gruppo, stimolare e motivare i giovani. Un’intelligenza brillante, grande determinazione ma anche degli “amorevoli” eccessi di passione che nel suo essere “genio e sregolatezza” lo hanno reso unico. Persona particolarissima: riusciva ad usare con oculatezza “il bastone e la carota” dando e diventando un punto di riferimento stabile al quale appoggiarsi in qualsiasi momento per risolvere i molteplici problemi del quotidiano.
Per chi si avvicina al nostro mondo, per l’Arbitro più maturo che magari si sente poco gratificato dalla propria “carriera” o per il collega anziano che sta perdendo gli stimoli, Archimede deve rappresentare una via nuova all’arbitraggio.
Sembra paradossale parlare di via nuova per una persona che ha iniziato ad arbitrare negli anni settanta, ma lui da sempre ha tracciato una via alternativa, quella giusta, quella che alla fine ti porta ad essere orgoglioso di essere arbitro, felice di fischiare divertendoti.
La sproporzione dei riconoscimenti economici, lo spazio dedicato dai mass media e la prospettiva prettamente verticistica che sembra aver assunto la nostra associazione offre l’idea di un’unica motivazione per la quale svolgere questa attività: la serie A.
La nuova via di Archimede è la ricerca quotidiana del valore associativo, vissuto come formazione e crescita continua che nasce dal confronto e dal dialogo, magari anche dallo scontro: l’unica strada per alimentare una passione che di certo non può e non deve basarsi solo su un sogno.

Lascia un commento